Intelligenza Artificiale nei percorsi clinici: riflessioni sui modelli di integrazione
10 febbraio 2025
Un interessante e provocatorio articolo pubblicato recentemente sul New York Times (disponibile qui ) si interroga sulla corretta modalità di integrazione dell'Intelligenza Artificiale nei percorsi clinici. Si ottengono risultati migliori quando i modelli di Intelligenza Artificiale affiancano gli operatori sanitari fornendo supporto nello svolgimento delle loro attività o quando i modelli di IA compiono autonomamente certe attività, quelle in cui eccellono, lasciando più tempo agli operatori sanitari per concentrarsi sugli aspetti in cui è fondamentale l'elemento umano? Due studi (disponibili qui e qui ) citati dall'articolo suggeriscono - anche se in via assolutamente preliminare - che l'affiancamento IA - personale medico non porta a miglioramenti significativi dei risultati. Le ragioni sono principalmente due: mancanza di fiducia nell'IA e limitate competenze nell'usarla.
Sulla base di questi risultati, gli autori dell'articolo descrivono pertanto tre possibili approcci basato su una più netta divisione delle responsabilità. Nel primo modello, i medici interagiscono con i pazienti per raccogliere informazioni attraverso domande ed esami fisici. I dati così raccolti sono analizzati da modelli IA per suggerire ipotesi di diagnosi e trattamento. Nel secondo modello, l'IA - sulla base dei dati disponibili - suggerisce possibili diagnosi e trattamenti. Il medico applica il proprio giudizio clinico per definire il trattamento effettivo da eseguire, sulla base delle caratteristiche del singolo paziente, nonchè di altri vincoli quali disponibilità di risorse e copertura assicurativa. Il terzo modello è ancora più radicale, l'IA si occupa dei casi routinari e a basso rischio, mentre i medici gestisco le situazioni più complesse.
Tra i vari studi citati nel presentare questi modelli, il più significativo è quello relativo a una enorme sperimentazione svolta in Svezia sull'integrazione dell'IA nell'analisi della mammografie, che ha coinvolto più di 80.000 pazienti (disponibile qui ). Il 50% delle mammografie sono state analizzate da due radiologi come di consueto, il restante 50% è stato analizzato in prima battuta da un modello IA e poi, a seconda del livello di rischio, da uno o due radiologi umani. L'approccio che comprende il modello IA ha portato all'identificazione del 20% di lesioni in più, riducendo del 50% il carico di lavoro dei radiologi.
Identificare il miglior approccio per l'introduzione dell'IA nei percorsi clinici richiede lo svolgimento di studi clinici sistematici, ma i benefici in termini di risultati clinici e ottimizzazione delle risorse dei sistemi sanitari appaiono sempre più difficili da ignorare.
L'articolo del New York Time è disponibile a questo link:
Apri link.